Chi Ha Paura Dell’Angelo Azzurro
“Chi ha paura dell’Angelo Azzurro?”
sabato 18 febbraio ore 21
Daniela Bedeski voce
Nadio Marenco fisarmonica
Un viaggio tra le note e la poesia, dall’ironia seducente e giocosa, ma non senza risvolti tragici, di Lola Lola cantante e femme fatale de “L’Angelo Azzurro” e altre macchiette del Kabarett di Hollænder, attraverso le più cupe atmosfere delle ballate di Bertolt Brecht/Kurt Weill e Hans Eisler, intrise di sarcasmo nella denuncia sociale, fino ad alcune tra le più celebri chansons d’amore e guerra del Novecento: che Eros trionfi!
“Gli uomini parlano di fedeltà, a me vien da sorridere. L’amore è ciò che sempre si rinnova, la fedeltà non ha alcun senso.
Io non so a chi appartengo, penso di appartenere a me sola!” Così Lola Lola, la bella e provocante chanteuse de “L’Angelo Azzurro” (1930) di Sternberg interpretata da Marlene Dietrich, per cui Friedrich Hollænder scrisse musiche e testi.
“Mostra i denti il pescecane, e si vede che li ha! Un coltello ha solo Macheath, ma vedere, non lo fa!” Così invece si apre la “Ballata di Mackie Messer”, sordido e scaltro criminale ne l'”Opera da Tre Soldi” di Bertolt Brecht e Kurt Weill (1928).
Teatro, Kabarett, cinema durante la Repubblica di Weimar a Berlino ritraggono macchiette protagoniste di vicende la cui comicità grottesca è spesso pretesto a una potente critica sociale e politica, che il Nazionalsocialismo sottoporrà a totale censura, costringendo molti artisti a emigrare dalla Germania verso gli Stati Uniti d’America.
Daniela Bedeski (voce) e Nadio Marenco (fisarmonica), già esibitisi insieme con Moni Ovadia nello spettacolo “Salmodia della Speranza”, dedicato a David Maria Turoldo, portano ora in scena il Kabarett berlinese di F. Hollænder, B. Brecht e K.Weill, e la canzone popolare d’autore tra le due guerre, proposti nella lingua originale.
La Morte Ride
(Omaggio a Georges Bataille)
voce & chitarra: Paolo Spaziani
regia & scene: Letizia Corsini
giovedì 23 febbraio ore 21,00
via Bianchi D’espinosa angolo Graziano Imperatore 40
Rivolgere la voce al cielo notturno è già, in retroazione, scivolare nel
silenzio più abissale, colloquiare con l’assenza o l’assenza delle
assenze, un’azione nell’evanescenza, l’evanescenza che da prova di sé,
nel buio. Come non pensare a Georges Bataille in cui la parola sembra
dire, è il calco esatto di un dire e in realtà è un anti-dire, un segno
opposto del dire nascosto nel dire, anti ovvero analogamente al
pensiero che si è avuto un giorno di un’anti-materia. A Georges Bataille.
Dove il tempo sembra essere e compitarsi, è un calco esatto del tempo
e in realtà è già passato (non nel futuro ma) oltre, ha sconfinato in, è un
anti-tempo. Ecco, il cielo notturno è un anti-tempo, inevitabilmente.